
Lo studio
Mack e colleghi, per lo studio, hanno utilizzato i dati raccolti dalla Società di Chirurgia Toracica dell’American College of Cardiology relativamente alla terapia transcatetere delle valvole. I ricercatori hanno quindi paragonato le procedure, l’andamento a 30 giorni e a un anno dall’intervento su 3773 novantenni e 20.252 pazienti più giovani che si sottoponevano a TAVR. La quota di decessi tra i novantenni in ospedale è stata leggermente più alta rispetto ai pazienti più giovani (6,5% contro 4,5%), così come la mortalità a 30 giorni, 8,8% contro 5,9%, e a un anno, 24,8% tra i novantenni e 22% tra pazienti più giovani. “Ci sono stati 24 pazienti ultracentenari che non sono deceduti dopo 30 giorni dalla TAVR e che hanno registrato un tasso di mortalità pari a 6,6% dopo un anno”, ha dichiarato Mack.
Dopo aver riletto i dati sulla base di diversi fattori prognostici, i novantenni hanno continuato a mostrare un aumento del rischio di mortalità del 46% a 30 giorni dall’intervento, il 20% in più su un anno e il 35% in più del rischio di insufficienza cardiaca a 30 giorni. Il dato sulla qualità della vita è stato inoltre leggermente più basso tra i nonagenari piuttosto che tra i più giovani, a 30 giorni, ma non è significativamente cambiato a un anno di distanza dalla TAVR.
“Se selezionati bene – ha dichiarato Mack – i risultati nei novantenni sono paragonabili a quelli dei pazienti più giovani-. Il registro dei trattamenti dei difetti delle valvole cardiache è l’unico strumento per valutare la riuscita di nuove tecniche subito dopo la loro approvazione e introduzione nella pratica clinica”. “La scelta di eseguire una TAVR in un paziente con più di 90 anni – ha dichiarato William Weintraub delChristiana Care Health System di Newark, in Delaware – è comunque una decisione clinica. E anche se imperfetti, i dati raccolti nello studio mostrano che la procedura può essere fatta sui novantenni e per molti porta allungamento della vita e miglioramento della qualità di vita”.
“Nonostante i numeri dello studio – ha notato l’esperto americano in un editoriale che accompagnava l’articolo – non abbiamo sufficiente esperienza, però, per identificare realmente i pazienti che potrebbero beneficiare da questa tecnica. Così, standard precisi su novantenni non sono, almeno oggi, appropriati”.
Fonte: J Am Coll Cardiol 2016
Will Boggs MD
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
